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Anna Maria Carpi – L’asso nella neve

L’ASSO NELLA NEVE – ANNA MARIA CARPI – TRANSEUROPA 2011

Mi è capitato spesso di sentire parlare Anna Maria Carpi di “Etica della comprensibilità” riferita al testo poetico. Ebbene, cosa vuol dire essere comprensibili quando si parla di poesia? Faccio un passo indietro. La comprensione è un doppio atto compiuto dal poeta. Nel primo, significa: tentare di capire ciò che avviene dentro e fuori dal sé. Il secondo aspetto può essere riferito al comprendere come contenitore, gli sforzi (a volte vani) di raccogliere con lo sguardo quello che accade, che si muove. Se il poeta è una specie di antenna che tutto capta (Andrea Inglese), cosa registra il ricevitore? Domande, in primis, e dettagli da non perdere. Forse è per questo che si scrive (più o meno consciamente); questo sono le poesie di Anna Maria Carpi. Le comprendiamo, non perché conosciamo le motivazioni che hanno spinto l’autrice  a comporle, ma perché hanno compreso e poi restituito aspetti della nostra esistenza. L’asso nella neve è il titolo di questa splendida raccolta, uscita per Transeuropa lo scorso anno. Include poesie del ventennio che va dal 1990 al 2010. Nella prima parte troviamo testi mai pubblicati prima e nelle restanti due, una selezione delle due precedenti raccolte della Carpi (Compagni corpi e E tu fra i due chi sei, entrambi editi da Scheiwiller). Il libro apre con questo testo: “Il mio cuore ha l’accesso stretto / il sangue non ci passa facilmente / o rigurgita o rimane dentro, / così gli altri non sanno / che passione ho per loro / che potrei / fermare anche gli ignoti per la strada / e dirgli / tutto quello che ho dentro e non mi passa – / e sarebbe la grazia.” Aprire un libro con un testo di questo calibro è molto più di un incipit. È una vera e propria ammissione d’intenti. Questo gioco tra constatazione della solitudine (anche interno alla coppia) e bisogno degli altri (il contatto), rappresenta uno dei grandi temi di questa raccolta ma di tutta la poetica di Anna Maria Carpi. Riscontriamo un continuo perdersi nel “quotidiano” ma allo stesso tempo lo troviamo ben presente, maneggiato con sapienza dall’autrice. Una delle lezioni che dobbiamo apprendere da questi testi è quella di poter usare in poesia le parole di ogni giorno. Il segreto, ad esempio, non sta nell’elencare degli oggetti su un tavolo, ma in quello che gli oggetti rappresentano, che stati d’animo raccontano pur stando fermi. “QUI SUL MIO TAVOLO: / ho la luce accesa, / una tazza tedesca di Bayreuth, / la biro e nella scatola / che ho foderato io di carta a fiori / la gomma il temperino / il rotolo di scotch la cucitrice / Rapid One, è svedese. // Guardali, uno ad uno / non pensare, non muoverti. / Solo un metro più sotto / c’è la disperazione. // Ancora un’ora, poi berrai qualcosa / poi guarderai le mail,  il telegiornale / poi qualcuno telefona.” I luoghi di Carpi sono quasi sempre interni: treni, stazioni, metropolitane, case, bar. Oppure sono lontani, immaginari. I luoghi del “dopo”. Tra le poesie, l’autrice, avanza una domanda, si chiede di Dio (a volte lo trascina in campo con ironia), lo fa da non credente che, però, non può fare a meno di porsi dei quesiti. Le case sono i luoghi della malinconia: “Al di là della strada è casa mia. Mia, / com’è strano. / Quelle finestre buie al terzo piano, / le mie cose, pazienti zitte sole.” (pg. 61); sono i luoghi dei disastri: “MATTINE DISASTRATE, / sola in casa, / avanti e indietro scalza dal computer al frigo / per trovare una frase / nel rhum nel whisky, e non so mai quanto.” (pg. 13); dello sgomento: “Viene sera e mi siedo, tavola apparecchiata, / il tovagliolo bianco, il piatto caldo. / Chi immagina a quest’ora / che non ho dove, / che non so chi sono / che non so cosa voglio – / tutto così infantile  e sciagurato?” (pg. 14); dell’amore: “Tu non capisci: / non mi devi parlare come a un comune umano, / amore è dire all’altro non hai fine. / O io sono immortale oppure niente.” (pg. 15). Cos’è questo libro se non un’analisi sentita e risentita del quotidiano e del male del vivere? Il tessuto sociale si fonde con l’io e ne ridisegna, a volte minandolo a volte salvandolo, l’equilibrio. L’ironia, la capacità di osservare, la curiosità per l’estraneo, l’altro, il guardarsi dentro, sono gli elementi cardine della scrittura potente e diretta di Anna Maria Carpi. L’asso nella neve è uscito a gennaio 2011 ma potrebbe essere uscito oggi o pubblicato tra tre anni, non farebbe alcuna differenza. Aprirlo tra un decennio sarà come farlo per la prima volta.

(c) Gianni Montieri

7 risposte a “Anna Maria Carpi – L’asso nella neve”

  1. grazie Gianni per questo conributo.
    Quando leggo da poesia di Anna Maria Carpi mi sento sempre un po’ nuda; spesso, forse proprio per quell’etica della comprensibilità e della parola che arriva diretta, mi identifico subito e dico “caspita, anche io! anche io così!”, nel male di vivere e nell’esuberanza esasperata verso l’Altro, nella ricerca del contatto (“[…] io voglio tutti – l’occhio / trabocca /dentro di sé al vederli. / In questo forse / sono una figlia del mio tempo / dove nessuno basta più a nessuno.”).
    Mi riconosco nella poesia di Carpi anche per la sua caratteristica di essere una voce senza età e, come hai detto, la si potrà rileggere fra dieci anni e sarà sempre una prima volta. Esprime il grande sentire, quello che si cova dentro a venti ma anche a cinquant’anni, e in questo percepisco la sua grandezza, il suo aver fatto della poesia un tramite con ciò che ci riguarda, con l’universale. “L’Asso della Neve” è una raccolta che va letta d’un fiato, con una certa avidità e una grande vita negli occhi, ma poi va ripresa con la calma di chi tra i versi è alla ricerca di un suo sé, perché nella poesia di AMC ci siamo tutti.

    Io mi sono trovata qui, ed è stato prima uno schiaffo alle mie paure più intime, poi un sorriso di condivisione, a sapere che queste parole le aveva scritte un Altro, un caro Altro:

    “[…] ma essere in gioco, in mezzo,
    in mezzo agli altri, in mezzo senza fine.
    Questa è la mia ossessione.”

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  2. Con lei, e spesso grazie a lei, ho riconosciuto l’arte di perdonarmi la vita. Non è semplice perdonarsi ciò che non si è cercato e di seguito determinarne il proseguimento di fiato in fiato. Grazie ad Anna Maria Carpi ed anche a te, Gianni.
    c.

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  3. “il poeta è un’antenna che capta le voci del mondo,
    un medium che esprime il proprio inconscio e quello collettivo” (Anna Świrszczyńska o conosciuta anche come Anna Swir – poetessa polacca morta nel 1984)

    Le parole che più mi colpisco dell’intero articolo sono quelle che vengono attribuite al signor Inglese:

    Se il poeta è una specie di antenna che tutto capta (Andrea Inglese)

    Qui c’è aria di plagio, diamo a cesare quel che è di cesare.

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    • Gianni Montieri non cita versi di Inglese, ma un discorso più ampio riconducibile a Inglese.
      certo che se dell’intero articolo sulla raccolta della Carpi ciò che colpisce è un nome tra parentesi…

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  4. perchè se da lettrice silenziosa vengo qui a leggere la “recensione” della carpi, una delle autrici Viventi che amo e ci leggo una citazione di un’altra autrice che amo ma attribuita ad inglese, mi scusi ma mi è OVViO che io debba fare presente la cosa o si permette nel mondo letterario che è più furbo chi ruba?

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  5. Cara Cesara, ho citato Inglese perché ad un incontro (dove io ero presente) disse quella frase; ma solo “è un’antenna” su quello non c’è un copyright, il discorso proseguiva in altro modo. Inglese non rubò nulla ai tempi, la frase la disse all’interno di un ragionamento. Grazie comunque per le sue precisazioni.

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