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Gli undici addii #9: “Sostegno”, di Gianluca Wayne Palazzo

foto Newsbeast.gr
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Davanti alla facciata del piccolo teatro Amelia fuma, il cellulare all’orecchio e l’aria distratta, battendo ritmicamente il piede a terra.
Poco distante la sua classe fa merenda in attesa di entrare. Sullo sfondo Maria Sportiello tiene per mano Daniela Cinquina, l’alunna down assegnatale per il sostegno, e distribuisce i biglietti di ingresso ai ragazzini della terza C.
«Uno per volta!» dice Maria.
Amelia annuisce al telefono guardando fisso in alto.
«Ah-ha… Ho capito. Sì sì.»
«Mi dispiace per la Smart! Ti sto chiedendo scusa, Cristo!» dice la voce di un ragazzo dal telefono.
«Sì…»
«Scusa, capito? Scusa
Amelia annuisce ancora e scuote la cenere della sigaretta per terra, canticchiando.
«…mai quest’onda mai si fermerà…»
«Cristo di un Dio, ma stai cantando?»
«…gli squali non ci avranno mai…»
«Tu sei fatta male Amelia. Tu sei fatta ma…»
Amelia attacca. Tira dalla sigaretta e socchiude gli occhi.
Maria alza lo sguardo e le fa un cenno con la testa verso l’ingresso.
«Andiamo! Con calma e senza gridare…» dice Maria alla classe.
I ragazzini la superano in massa e si affollano verso l’entrata.
Daniela ride e tiene gli occhi fissi su Maria.
Maria sospira.
Amelia dà un’ultima tirata, poi butta la sigaretta per terra e segue i ragazzini soffiando via il fumo.

Maria e Amelia sono sedute una accanto all’altra, circondate da ragazzini vocianti. Amelia fissa distratta il palco ancora vuoto. Daniela è accanto a Maria, e richiama ripetutamente l’attenzione della professoressa di sostegno.
«Sì, sì, devi stare un attimo tranquilla, Daniela. Comincia tra poco» dice Maria con voce stanca.
«Giuli…Giulia… Giulio…» dice faticosamente Daniela.
Amelia ha un piccolo scatto della testa verso di lei.
«Giulietta…» ripete paziente Maria. «Giulietta e Ro…»
«Rom… Romi… Roma…»
«Romeo…»
Amelia deglutisce e torna a guardare il palco.
La sala si oscura gradualmente. Cento voci fanno “Shh!” per chiedere silenzio. Il palco viene illuminato da riflettori colorati. Entra il Coro, un gruppo di ragazzi che comincia col prologo.
«“Nella bella Verona…”»
Maria accosta la testa a quella di Amelia.
«Sono stata da “Dino” a pranzo ieri. Molto meglio di quel postaccio dove siamo andate prima delle vacanze. Gliel’avevo detto a Zucchelli che lì si mangia uno schifo.»
Amelia si stringe nelle spalle.
«Non è stato male.»
«E poi costa. Ma tanto lei si fa camminare in testa e poi decide sempre Alfredo.»
Amelia trattiene il respiro un momento.
«Comunque due palle…» riprende Maria. «Pensavo non finisse mai. Quando è cominciato il diluvio ho ringraziato il cielo. Tu come sei tornata a casa poi?»
Amelia si sistema sul sedile, a disagio, e fissa il palco davanti a sé.
«Mi ha dato un passaggio Alfredo.»
Maria alza un sopracciglio e sorride, cinica.
«Alla fine gli hai detto di sì allora. Te l’avrà proposto venti volte, a un certo punto ho pensato gli avresti rovesciato il vino in faccia…»

Tavolata fuori da un bar-ristorante, vicino scuola. I piatti sono vuoti, i bicchieri quasi, i professori chiacchierano versandosi le ultime gocce dalle bottiglie di vino.
Alfredo Pannocchia sorride e mormora qualcosa all’orecchio di Amelia.
Amelia fissa il piatto.
Sotto al tavolo Pannocchia le poggia una mano sulla gamba e le dà una pacca leggera sopra al ginocchio.
Amelia prende la forchettina e raschia via le ultime briciole del dolce al cioccolato dal suo piattino.

Maria scuote la testa con un ghigno.
«Comunque Alfredo dovrebbe darsi una regolata. L’hanno visto per i corridoi con Ginevra Vargiu, capito quale? Quella di terza G che sta sempre in minigonna.»
Sul palco entra Giulietta.
«Giu… Giulieta!…» alza la voce Daniela.
Maria si volta e le mette una mano sulla spalla.
«Sì, Giulietta, ma parla piano Daniela, capito? Piano
«Che bella…»
Maria si volta di nuovo verso Amelia.
«Un giorno gli fanno passare un guaio se non la pianta di fare lo scemo con le ragazzine.»

Sotto al diluvio, Pannocchia scorta con l’ombrello Amelia fino alla macchina. Le apre lo sportello e Amelia sale, poi fa il giro e sale a sua volta. La macchina si mette in moto.

Entra in scena Romeo.
«Romìo!» alza la voce Daniela.
Amelia sussulta.
Maria, sconsolata, si volta verso la ragazzina.
«Sì Daniela, che ti ho detto? Parlare…?»
«Pallare piano…»
«Brava. Piano
«Che bello…»
Maria sospira e torna a guardare Amelia.
«Una banda di matti mi sembrano in questa scuola. Pure quell’altro, Giulio, ma l’hai visto?»
«Chi?» chiede Amelia, alzando un sopracciglio.
«Giulio, il ragazzo di italiano.»
«Ah, sì. Carletti, Carlino…»
«Carlini. Un altro che te lo raccomando. Ci ha pure provato.»
Amelia inghiotte.
«Con te?»
«E certo. Non ti sembra pure un po’… non lo so, psicopatico?»
«Sì, un po’.»
«Pensa che mi è venuto in classe l’ultimo giorno prima del pranzo e…»
«Mmm… gh… mmm…» ansima Daniela.
Amelia si volta verso di lei.
Daniela tiene una mano fra le gambe, dentro ai pantaloni della tuta.
Amelia aggrotta la fronte.
«Che sta facendo?»
Maria scuote la testa, noncurante.
«Si masturba, lascia stare. Dicevo, mi imbocca in classe e…»
«Si masturba?»
«Sì, non ti preoccupare, fa sempre così. Gli piace Romeo, si vede.»
«E non la fermi?»
«Assolutamente, si mette a strillare. Rischia una crisi epilettica, come quando quel deficiente di terza E le ha strillato nell’orecchio. Insomma, Giulio entra che io stavo sulla soglia. E mi si struscia tutto addosso con la scusa che la porta è stretta. Capito?»

Pannocchia e Amelia sono seduti in macchina, accostati al marciapiede. In strada diluvia ancora.
Pannocchia sta dicendo qualcosa, Amelia guarda fuori dal parabrezza.
Pannocchia le scosta i capelli dal viso e le accarezza una guancia. Si avvicina un po’ a lei.
Amelia è pietrificata. Volta lentamente la testa verso di lui.
Pannocchia le sorride e le sfiora le labbra col dorso del dito.
Amelia ha una smorfia impercettibile di repulsione, ma poi sporge appena le labbra verso di lui e solleva leggermente la testa scoprendo il collo. Resta immobile così, fissandolo.
Pannocchia intensifica il sorriso e si avvicina ancora con la faccia.
Amelia non si muove. Trattiene il respiro e cerca di contenere l’espressione lievemente disgustata.
Pannocchia rallenta. Socchiude gli occhi, scrutando in quelli di lei.
Gli occhi di Amelia sono fermi, gelidi, ripugnati. Ma la bocca attende, dischiusa e terrorizzata.
Pannocchia si ferma.
La mano scivola lentamente via dai capelli di Amelia.
Pannocchia alza il mento e fa un sorriso di circostanza.
Amelia abbassa lo sguardo e torna a fissare davanti a sé. Batte le palpebre un paio di volte, poi apre lo sportello e scende dall’auto. Chiude la portiera e si allontana sotto al diluvio.

Un mugolio più forte di Daniela fa sobbalzare Amelia. I compagni di classe si voltano, qualcuno fa “Shh!” dalle ultime file.
Maria, indifferente, avvicina la testa ad Amelia.
«Di sicuro non è venuto al pranzo con noi perché l’ho mandato in bianco.»
Daniela raggiunge l’orgasmo.
«Aaah…» geme piano.
Amelia graffia con le unghie i braccioli della poltroncina. Daniela geme ancora. Maria sbuffa sovrappensiero, senza badarci.
«Solo perché è l’unico maschio sotto i quaranta non è che…»
Amelia scatta e afferra il braccio di Daniela, strappando via la mano da dentro i pantaloni.
Daniela comincia a urlare.

All’esterno del teatro Maria tiene Daniela per mano e conta i ragazzini appena usciti per controllare che ci siano tutti.
Amelia fuma poco distante, rossa in faccia, gli occhi fissi al marciapiede.
Un gridolino felice di Daniela la fa voltare.
La ragazzina down saltella allegramente sotto gli sguardi divertiti dei compagni. Ride.
È bello che rida, pensa Amelia, anche se è fatta male. E annuisce piano. Se sei fatto male non ci puoi fare niente.

© Gianluca Wayne Palazzo

Il presente è il nono di una serie di racconti ispirati al mondo della scuola. Chi volesse recuperare i precedenti li troverebbe qui. Dello stesso autore, su Poetarum Silva, Fenomenologia del Nuntemove.